Tre donne di Betania hanno pronunciato la promessa di
disponibilità
a Dio e alla Chiesa in Betania
Martedì 8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione, il vescovo Mons. Mauro Parmeggiani ha ricevuto la promessa di disponibilità di tre donne membri della comunità di Betania, che custodisce e anima la vita del Santuario Cuore Immacolato di Maria. Nonostante le mascherine si è respirata un’aria di gioia intima e solenne insieme.
Con il vescovo concelebravano don Giorgio De Santis, Rettore del Santuario, don Ubaldo Quondamcarlo, parroco di S. Lorenzo in Zagarolo, e quattro sacerdoti della fraternità di Betania: don Alessandro, don Alfredo, don Fabrizio e don Sandro.
Alla bellezza del mistero dell’Immacolata si aggiungeva nella celebrazione la presenza di tre donne che vivono la spiritualità del Movimento Mariano Betania Ecclesiale e che in questa solennità hanno voluto pronunciare una promessa di disponibilità a Dio e alla Chiesa in Betania. Mariagrazia, Rosi e Daniela, tre cuori che in Betania hanno scoperto la vocazione di disponibilità, hanno voluto offrirsi interamente a Cristo sposo.
All’altare le tre donne sono state accompagnate dalle loro famiglie. Si sono preparate a questo giorno come le spose del Vangelo (cfr Mt 25) pronte per Cristo Sposo e desiderose di essere completamente di Dio a imitazione del Cuore Immacolato della Vergine Madre.
Il vescovo, nel delineare il mistero dell’Immacolata, nella sua omelia ha tracciato un percorso spirituale di devozione mariana e di imitazione delle più belle prerogative della Vergine: Maria vuol dire altezza e dignità, dignità che è dono gratuito di Dio per noi. Anche noi siamo stati riempiti di grazia con il Battesimo che ci ha resi figli di Dio.
Con una affermazione ardita e di grande impatto il vescovo ha scandito che: “Vergini ci si diventa!”. È il paradosso che siamo chiamati a vivere: essere interamente di un solo sposo. “E chi è madre è massimamente vergine perché è tutta dedicata alla cura dei figli. Quanto più diventeremo madri, tanto più diventeremo vergini: l’Immacolata ci chiama a questo”.
(Don Fabrizio Micocci)
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pubblicato su Avvenire